Sapete cosa è il counseling? Non lo sapevo neanche io.
Non ne avevo sentito parlare mai prima, non avevo mai avuto esperienza diretta nè con couselor nè con psicologi.
Qualche giorno dopo essere andato via da casa, ero in tremenda difficoltà emotiva. Lo svegliarmi senza i miei cuccioli in casa rappresentava uno strappo enorme. Stavo male.
Mi vidi in un bar con un’amica psicologa. Le raccontai quanto mi fosse accaduto ed il tenore dei rapporti in casa. Mi disse una cosa importante che mi è servita molto:
“Non ti fare una colpa per quello che é accaduto. Se è successo era il modo ed il momento in cui doveva essere.”
Nei primi giorni l’ostruzionismo di mia moglie con i ragazzi non aveva ancora molto effetto. I ragazzi mi rispondevano prontamente al telefono, riuscivo ad avere un po’ di ascendente su di loro, sebbene fossi lontano. Ero ancora un padre come lo ero stato per i 14 anni precedenti.
Ma Tina, l’amica psicologa, me lo aveva detto. Descrivendole i comportamenti di mia moglie, mi annunciò che molto probabilmente le cose sarebbero peggiorate.I fatti hanno dimostrato che è stata una Cassandra, ahimè. Aggiunse che mi sarei dovuto preparare ad affrontare un periodo molto difficile, lei però, come amica, non mi avrebbe potuto seguire professionalmente . Mi consigliò una sua conoscente , counselor, molto brava.
Tentennai un po’ i primi tempi. Avevo il numero, ma non chiamavo. Sentivo la cosa come una sconfitta. Col passare dei giorni i comportamenti dei ragazzi mi spiazzavano sempre di più. La svolta negativa la ricordo benissimo. Dovevo passare a prendere uno dei ragazzi. Mia moglie in una delle sue esplosioni me lo voleva impedire, per rappresaglia non mi ricordo a che. Al telefono con mio figlio sentivo lei di sottofondo che diceva: ”Se non vi va, non dovete dire per forza di si a vostro padre. Dovete dirgli di no se è una cosa che non volete! Imparate a dire no, anche. Ha rotto il cazzo quello, che pretende sempre di averla vinta! Mo’ basta!”.
Da allora per un po’ di tempo, ”nononmiva”, fu la loro unica risposta. Successivamente le risposte non ci furono più.
Il counseling è una roba a metà tra la marchetta e la visita medica, il tutto in outlet. Paghi una persona , a costi contenuti, affinché ti faccia eiaculare le emozioni bloccate e ti indichi una terapia per il mal d’animo. Un buon fast food della psicoterapia mi sembra. Anche se la psicoterapia la ho vista solo nei film. Meno impegnativo forse, come se parlassi ad un amico.
A quanto ho capito, il male dell’uomo moderno è la sua incapacità di riconoscere le proprie emozioni, per poi esternarle. Di questo male,sindrome collettiva diffusa, pare io sia un malato grave. Così mi dice Katia, la mia counselor.
Il primo incontro in uno studio di avvocati. Forse è lo studio di suo marito e si appoggia lì per la sua attività. Non ho indagato sulla cosa, ma mi è parso di intuire così. Sta di fatto che sediamo entrambe lato ospiti della scrivania e questo aggiunge precarietà alla mia sensazione di pesce fuor d’acqua.
Se è precaria lei che dovrebbe essere la mia guida, figurati come mi sento io. Ho la stessa sensazione di quando qualcuno ti convoca per discutere di lavoro nella hall di un hotel. Non sei a casa di nessuno, in campo neutro, e non sai se ti tocca attaccare o difenderti.
Sta di fatto che ti senti sempre un po’ ospite nonostante dopo qualche seduta il dialogo diventi più fluido e amichevole. Le racconto di ciò che sto passando, mi ascolta, ma dopo un po’ mi ferma chiedendomi di chiudere col telegiornale della settimana. Si passa agli approfondimenti. Come le rubriche del tg2.
Non me lo dice, ma credo che quello che voglia è che io sia meno controllato di quello che sono. Mi sta guidando, per lo meno tenta, a riconoscere gli stati d’animo.
Durante una seduta mi ha proposto una roba oscena. Si è alzata dalla sedia, si è messa di lato e mi ha detto di fare finta che la sedia fosse mio figlio:
”Parlaci”, mi fa.” Fammi vedere cosa diresti a tuo figlio, fai finta che lo hai lì”.
Sudavo quasi. Non mi piace venir meno ai compiti e tanto meno gettare la spugna. Ma dopo qualche secondo l’ho guardata e le ho detto: ”Senti Katia, è proprio indispensabile questa roba? Non credo di riuscirci… pensi sia grave?”.
Lei severa: ”Dai! Prova”.
Mi sono cimentato di nuovo, ma nulla. Non mi uscivano le parole.
Non vi capita di avere la vescica bloccata al gabinetto se c’è qualcuno che vi ronza intorno? Ecco, per me era così, ero bloccato allo stesso modo.
Era inutile stare a guardare la sedia per tentare di parlarci, non lo avrei mai fatto, così come è inutile stare delle ore al gabinetto nella speranza di sbloccarsi, se non viene. Se qualcuno ti fa il verso ”psssss” per stimolarti, peggio! Aggiungi la frustrazione alla disfatta.
E’ severa Katia e mi bastona.
Credo sia brava, non ho termini di paragone ma non mi annoia e mi doma. Quando finisco con lei non ho la sensazione di aver buttato tempo e soldi.
Ho l’abitudine di sorridere quando racconto una roba che mi fa male. Non me ne ero accorto prima, me lo ha fatto notare lei. Pensavo fosse un pregio, ma mi sono reso conto che è un meccanismo di difesa. Parlo di una roba che mi causa dolore e per bilanciare, sorrido. ”D’altra parte questa è fisica”, le ho detto. ”Per raggiungere l’equilibrio, se sporgi una gamba, ti viene di bilanciare il peso sporgendo un braccio d’altra parte o sposti il baricentro del corpo in senso opposto muovendo il busto”.
Lei si incazza da morire. Quando sorrido mi guarda con faccia grave e:
”Vedi? Stai ridendo! Stai ridendo, perchè tu non vuoi far vedere che stai male, vero?
Stai ridendo perchè non è bene mostrare la propria sofferenza, vero?
Questo sei tu, ridi perchè vuoi nascondere le emozioni!”
Eccheccazzo! Ma ti pare che possa spendere dei soldi per farmi trattare in malo modo? Che stia diventando masochista?
Ogni volta che vado da Katia mi dico che è l’ultima volta che ci torno, ma è lo stesso pensiero che faccio quando esco dal Mc Donald.
La verità è che forse siamo tutti un po’ masochisti, godiamo un po’ nell’essere maltrattati. Il fatto che lo faccia qualcuno con cui non hai alcuna relazione sociale non ti pregiudica alcunché nel quotidiano. Te lo fai fare.
Chissà se provano questo tipo di godimento quelli che si fanno picchiare a pagamento. Adesso esagero con la fantasia, ma è vero che nella vita prima o poi rivaluti tutto. Le cose non cambiano, siamo noi a cambiare e di pari passo cambia la nostra valutazione. A pensarci, quante ne avrei dette in passato su qualcuno che si fa trattare così e paga per giunta.
Col tempo mi sono accorto che è un teorema. Ciò che deridi, prima o poi ti torna addosso come boomerang con una precisione superiore a quella dei lanci degli aborigeni australiani.
Oggi trovo beneficio nel parlare con qualcuno. Il counseling non ti dà soluzione, potenzia le tue capacità emotive per combattere il problema.
La soluzione sei tu e devi essere una soluzione forte per abbattere qualsiasi problema. Per ogni soluzione c’è un problema!
Katia è il mio personal trainer e ho la sensazione che nonostante la mia ritrosìa, qualche muscoletto stia venendo fuori.