Come una frisella

La Puglia è una regione molto lunga. Da Poggio Imperiale a Santa Maria di Leuca ci sono più di 400 km. Quando si parla di Pugliese non ci si rifà ad abitudini proprio simili.

Ci sono almeno tre macro aree molto distinte, quasi tre etnie differenti. Ci sono i Foggiani del Tavoliere e del Gargano, ci sono i Baresi e i Salentini di Brindisi, Lecce e Taranto. A Milano che è la seconda città pugliese di Italia ho frequentato tutte le etnie. Sono salentino, ma mezzo sangue, perché mia madre e la sua famiglia sono della provincia di Bari.

Essendo cresciuto da meticcio, posso garantire che in cento, duecento chilometri cambia il mondo, ci sono approcci completamente differenti alla cose della vita.

Da meticcio ho potuto indossare meglio la maglia di pugliese e ho imparato a saper parlare e capire due dialetti che sono due lingue differenti per termini ed accento. Un che di internazionale. Il salentino è molto simile al dialetto della Sicilia orientale, anche come accento. Il barese è quello che passa in tv come pugliese, l’accento di Zalone per intenderci.

C’è una cosa che ci accomuna come popolo. Quasi fosse una denominatore comune. Non tanto le praterie di ulivi e i muretti a secco, non tanto il mare, il sole e il vento. La cosa che ci rende uniti e che secondo me dovrebbe essere nella bandiera regionale è la frisella al pomodoro.

Se nel mondo il simbolo dell’italianità sono gli spaghetti o la pizza, il simbolo di un vero pugliese è la frisa.

Un vero pugliese sa scegliere le frise, sa quanto bagnarle nell’acqua fino a raggiungere la croccantezza che desidera, sa quali pomodori usare per condirla. Il momento più delicato della preparazione è la sponzatura.

La frisa si ‘’sponza’’ ovvero si ammorbidisce, ma non troppo. Deve rimanere croccante, un po’ come la cottura della pasta. Al dente ma non troppo. La frisa è un biscotto duro e deve essere bagnata per ammorbidirla, diventa permeabile per consentire all’olio e al liquido del pomodoro di impregnarla ed insaporirla. Morbida non ti spacchi i denti a mangiarla, ma non deve ammollarsi troppo e diventare una ‘’pappa’’.

Origano, un po’ di sale e la frisa base è pronta. Io ci aggiungo del peperoncino, quello sott’olio di mia zia, ma è una variante personale.

E’ il piatto più semplice che conosca, per venire buono, gli ingredienti devono essere di prima qualità. Il pomodoro, meglio se raccolto dalla pianta, la frisella, presa dal forno dietro casa, l’olio extra vergine di oliva comprato dal produttore locale. Per questo la frisella non si esporta e non si industrializza. Funziona solo se è a chilometro zero.

In questo periodo mi sento così, come una frisa.

Ho ricondotto al minimo un po’ tutto. In particolar modo le aspettative. Mi sono ‘’sponzato’’ un po’ ma ho conservato croccantezza. Sto riorganizzando un po’ tutto. Ho fatto un colloquio di lavoro per girare il mondo e mi hanno detto che sto in una short list di candidati, che valuteranno. Se mi dovessero mai chiamare, credo di rifiutare.

Ho voglia di ripartire da pomodoro, olio sale ed origano.

Ho buttato via tutto ciò che era nocivo, cose e persone che facevano male alla mia vita.

Ho quarantasette anni, né troppo vecchio né troppo giovane. Un po’ di esperienza e un po’ di prospettive ancora. Un po’ di tutto, voglio giocarmelo in modo semplice pensando a ciò che ha senso nella vita. Quarantasette anni sono abbastanza per cogliere il senso, pochi ancora per dire di non aver nulla da cogliere.

Non mi ero mai interessato alla politica. Ho simpatizzato da più giovane per Pannella e per i radicali, oggi ho aderito ad un nuovo movimento di sinistra. Non voglio candidarmi o fare carriera. Solo interessarmi e offrire collaborazione se richiesta. Un po’ di cose le so e le voglio mettere a disposizione. Aderire ad un movimento nuovo mi sembra una buona occasione. Mi hanno inserito nel coordinamento cittadino. Giriamo per le piazze a parlare con la gente dei problemi della città. Sento delle cose bellissime. C’è sfiducia e malcontento dilagante, ma tanta energia. Ho offerto anche la disponibilità a fare ripetizioni gratuite presso la sede del Movimento ai ragazzi con problemi a scuola che non possono permettersi di pagare le ripetizioni.

Continuo a fare il mio vino e con degli amici sto producendo ed imbottigliando del vino per venderlo. Vivere la terra ti fa mettere radici e fare delle belle foglie. Col tempo uscirà qualche fiore magari. Provo di tutto pur di non fare l’ingegnere insomma.

Le cose con i ragazzi sembra si stiano sistemando. Adesso sono in vacanza con la madre, alla casa dei nonni materni ad Otranto.

A cavallo di Ferragosto staranno con me per quindici giorni. Almeno è così sulla carta.

Senza dire nulla ad alcuno avevo prenotato un volo per Barcellona per stare lì quattro giorni.

Ci sono stato due volte a Barcellona, è una città che mi piace molto. Poi è la città del Camp Nou. Sapevo che allo visita dello stadio del Barcellona e agli ‘’store’’ con le maglie di Messi i ragazzi non avrebbero resistito.

In mediazione mi ero garantito un si di ex moglie al viaggio. Poi l’ho proposto ad AAAAA e BBBBB.

Dopo una frazione di secondo di tentennamento mi hanno detto di si.

Con la scusa del Cap Nou ci infilo una visita al museo di Picasso e una passeggiata tra l’architettura di Gaudì. La bellezza è il seme migliore e alla loro età sono fertili.

Mi son sentito con il mio amico Tacitus, il mio compagno di banco, separato da poco. Credo che anche lui stia in un periodo in cui non sappia dove andare a fare l’uovo.

Si accoda anche lui a noi. Avevamo l’età dei miei figli quando spendevamo il tempo a parlare del mondo tra una versione di latino ed una di greco. Tra tutti i nostri discorsi nei pomeriggi di studio o dall’ultimo banco sulla sinistra in classe, non ci saremmo mai immaginati questo viaggio. La vita è quello che non ti aspetti.

Partiamo l’otto agosto in auto, raggiungo casa di Tacitus a Roma e al mattino successivo ci imbarchiamo per Barcellona da Fiumicino. Torneremo il tredici e mi inventerò qualcosa da fare a Roma e dintorni fino a Ferragosto. Poi staremo una settimana a Monteamaro e proverò a fargliela sentire di più casa loro. Vorrei iniettare loro l’amore per la terra, ma purtroppo è roba che non va intramuscolo. Da piccolo le friselle le bagnavo all’acqua del pozzo, i pomodori li staccavo dalla pianta e li ingoiavo senza alcun condimento come fossero ciliege. Camminavo scalzo nella terra.

Loro del pomodoro non vogliono né buccia né semi, non sopportano nemmeno la sabbia tra i piedi. Sono stati educati così dalla madre. Io ho lasciato fare ma non è mai troppo tardi per ripartire. Adesso è il momento di mostrare loro l’altra metà, quella mia. A settembre, bello sponzato e permeabile mi lascerò innaffiare dal condimento e ripartirò croccante.

Ortone sull’uovo

Una delle letture più carine che faccio è quella dell’oroscopo di Rob Brezny sul sito internazionale.it.

Non credo nell’astrologia come scienza ma credo nella positività che il buon umore e la leggerezza innesca sulle persone. Rob, leggendolo, il buon umore te lo mette di sicuro. Già la sua faccia mette simpatia e quello che scrive è veramente leggero, di quella leggerezza gentile ed elegante che ti solleva per qualche centimetro da terra e non ti fa sentire il peso delle cose.

Questa settimana sui gemelli diceva:

Nel libro L’uovo di Ortone, del Dr. Seuss, un elefante si assume il compito di stare seduto sull’uovo di un uccello per tenerlo al caldo fino a quando non si schiuderà. Il nido è in cima a un albero, il che rende la sua impresa ancora più complicata. Al culmine del racconto Ortone ha già dovuto affrontare molte difficoltà per mantenere il suo impegno. Ma tutto finisce bene e la creatura che nasce è miracolosamente metà uccello e metà elefante. Vedo qualche somiglianza tra questa storia e la tua vita in questo momento. Il compito che ti sei assunto non ti viene naturale e non sei sicuro che lo stai svolgendo nel modo giusto. Ma se resisterai fino alla fine, riceverai un premio che ti sorprenderà.

 

Mi sono immaginato Ortone in cima ad un albero seduto sul nido.

E’ stato fantastico per qualche secondo sentirsi come un elefante col culo su un uovo.

La trovo una immagine di una delicatezza incredibile. E poi, tutto sommato, ci ho visto un po’ di quello che sto facendo.

C’è stata l’ennesima udienza per il diritto di visita. Questa volta il giudice ha convocato la dottoressa Lorenza Drago del centro per la famiglia. Citto, il giudice, lascerà il tribunale di Paperopoli. E’ l’ultima udienza che faremo con lui. Un uomo pacato e di vecchio stampo, a disagio con questioni moderne, mi sembra. Credo abbia convocato la dottoressa Drago perché di lei si fida. Penso che di lei si fidino tutti in realtà. Un mastino da combattimento, sotto spoglie di donna sorridente e solare.

A Paperopoli c’è un gran caldo in questi giorni tanto che la gente fatica a muoversi. La temperatura non la leggi sui termometri ma sulla faccia stravolta delle persone. Sopra i 35 gradi il volto comincia a liquefarsi. Le labbra inferiori si staccano da quelle superiori come se nella bocca potesse entrare un po’ di frescura. Anche le pareti e i pavimenti degli uffici sono bollenti. I condizionatori sembra risentano della crisi del Paese e boccheggiano anche loro.

Anche io sono a disagio. Il caldo lo adoro e sopra i trenta gradi mi sento veramente bene, ma mi sembra di muovermi in un lazzaretto. Non soffro per nulla personalmente, anzi. Non puoi stare veramente bene se intorno stanno male tutti. Non sono dotato di quel cinismo.

Ho di fronte Citto e la cancelliera seduti dietro una scrivania. In piedi alla mia sinistra Stiro, l’avvocato di Ex Moglie con il capello più cotonato del solito ed Ex Moglie. Alla mia destra Mario, il mio avvocato.

La dottoressa Drago è anche lei in piedi alla destra di Mario, messa davanti al lato corto della cattedra, come quelli che vengono interrogati a scuola.

Il giudice saluta e chiede come si sono evolute le cose.

Inizia a parlare Stiro, come sempre. Con la sua voce che è un misto tra un’omelia e un dramma teatrale spiega che la situazione è migliorata alla grande.

Stiro: ‘’I ragazzi hanno dormito dal padre’’.

Col tono che usa, le parole di S. Paolo ai Filippesi lette in chiesa sembrano una barzelletta in confronto.

Quasi che il risultato fosse merito suo e della sua cliente.

Il giudice, che di parole degli avvocati apostoli ne deve aver sentite tante, quasi non lo ascolta e chiede alla dott.ssa Drago di esporre.

Lorenza racconta delle mediazioni e delle difficoltà a trovare un punto di equilibrio tra coniugi. Si sono fatti loro carico di trovare una mediazione sul diritto di visita per venire incontro alle richieste mie e di ex moglie. Solo mie in realtà, perché Ex moglie non ha proposto un bel nulla. Io chiedevo l’allineamento alle nuove linee guida in fatto di separazioni. Ovvero stare a settimane alterne con i ragazzi. Ex moglie proponeva un bel tubo.

Lorenza consegna un ciclostile in cui si prevede che i ragazzi stiano con il padre dal giovedì sera al lunedì mattina per una settimana, 4 giorni di fila. Questo per venire incontro alla mia richiesta di vivere la routine quotidiana dei miei figli dice, non limitare ai week end la permanenza con me. Richiesta che il servizio ha ritenuto giusta.

Alla settimana successiva sono previste due cene e nessun pernotto.

Ho letto il ciclostile con Mario. Mi ha guardato e mi ha detto … ‘’ va bene, Paperino, va bene.

Era il modo per dirmi : diciamo di si, non rompere le palle, non è il momento di fare appunti. Forse aveva paura che, puntiglioso come sono, trovassi qualche pelo nell’uovo che col culo sto scaldando, per dirla alla Rob.

La fiducia di Citto nella Drago era talmente palese che trovare da ridire su una sua proposta sarebbe stato controproducente.

Paperino: Si, non era quello che chiedevo, ma va bene.

Purtroppo sono fatto così, se non puntualizzo, sto male. Mi rendo conto e confesso: sono un rompicoglioni.

Ex moglie era sconvolta.

Ex Moglie: No! Non sono d’accordo. I ragazzi non vogliono!

Hanno dormito dal padre e non è vero che è andato tutto bene. Il piccolo quando è tornato a sera a casa aveva il magone. Come avesse qualcosa sullo stomaco.

I ragazzi hanno gli amici nel quartiere dove viviamo . Lui vive in campagna e non potrebbero godere più della vita sociale che conducono.

Citto: Signora, si farà carico il padre in quei giorni di accompagnarli. Mi pare che la buona volontà ci sia. Sono d’accordo che gli amici sono fondamentali all’età dei suoi figli, ma sarà cura del padre far sì che possano continuare a vederli.

Ex moglie: Non capisco perché non si possa fare un diritto di visita come tutti i separati! Al sabato e alla domenica. Perché dal giovedì? Hanno la scuola, il calcio. Significata stravolgere le loro abitudini.

Paperino: Giudice, se sente lei….

Citto mi guarda con tono paterno e abbozza un sorriso.

Paperino: Io sono due anni che tento di fare disperatamente il padre. Ma qua, voler fare il padre è come dire di essere un marziano. Mi guardano tutti come un marziano!

Lorenza (rivolta a Ex Moglie): Ex Moglie, i ragazzi si abituano. Sarà il padre ad averne cura per farli stare bene. E’ importante che abbiano un rapporto con il padre anche.

Ex moglie: Loro non vogliono, ecco perché desidero che siano sentiti.

Citto (liquidandola) : Va bene signora, se sarà il caso li sentiremo. Per ora facciamo così. Iniziamo da settembre. I ragazzi staranno d’estate 15 giorni in vacanza con lei e 15 giorni con il padre. Da settembre cominciamo a seguire le indicazioni del centro per la famiglia, aggiungendo il venerdì, e da ottobre andiamo a regime col giovedì. Penso che vada bene una gradualità. Vediamo come va e ci aggiorniamo.

Ex moglie continuava con i suoi sproloqui. Guardava il ciclostile con Stiro e borbottava.

Stiro mi sia avvicina con il foglio e mi dice quasi all’orecchio, cercando una transazione che potesse rabbonire la sua ‘’dolce’’ cliente.

Stiro: Non potremmo togliere il giovedì? Partire dal venerdì?

Paperino: No! Dal giovedì!

Con il braccio allontano lui e il foglio come stessi scacciando un cane.

Mi è dispiaciuto trattare così un uomo dall’eleganza inglese, ma l’eleganza, l’età e l’ambiente lo hanno salvato da un cazzotto in faccia in quel momento.

Non ha letto Rob e non sa che sono come un elefante su un uovo. Ha rischiato un colpo di proboscide.

Ho guardato Lorenza. Evidentemente i miei occhi parlavano o anche lei mi vede come Ortone.

Le chiedevo di non abbandonarmi e ha capito, penso.

Lorenza: Vista la situazione, giudice, valuti se è opportuno continuare con l’ascolto della coppia. Noi siamo disponibili.

Citto: Si, magari, a settembre e ottobre fissate degli incontri per monitorare la situazione.

Per loro fisseremo un’altra udienza.

Citto tra i borbottii di Ex Moglie detta il verbale alla cancelliera. Nel dettare dice entrambi in nomi dei miei figli. BBBBB di secondo nome fa ‘’Suonavuoto’’, come mio suocero.

Mario: Tuo figlio si chiama Suonavuoto?

Paperino : Di secondo nome!

Puntualizzo con aria stizzita.

Mario da gran figlio di buona donna qual è….:  Ah scusa, non volevo offenderti…

Mi fa sorridere finalmente, e la tensione è venuta giù.

Citto, finito di dettare e dopo aver aperto l’agenda: Per voi va bene se fissiamo per il xx di novembre?

Mario: Basta saperlo e siamo pronti.

Ex moglie continuava a borbottare con Stiro in disparte, sventolando il ciclostile di Lorenza come fosse una contravvenzione appena presa.

Io saluto e me ne vado.

Ha ragione Rob, il compito che mi sono assunto non mi viene naturale e non so se lo sto facendo bene.

Ma non è stato semplice arrampicarsi su un albero e chiunque venga a infastidirmi mentre proteggo col culo il mio uovo, se la vedrà corpo a corpo con un elefante.

Intanto beccatevi questa:

 

TIBUNALE DI PAPEROPOLI

VERBALE DI UDIENZA DEL XX/07/2017

 

Sono presenti le parti personalmente e i rispettivi difensori nonché la dott.ssa Lorenza Drago dei servizi di Mediazione Familiare.

Sentite le parti, dispone che i rapporti e i periodi di visita di Paperino nei confronti dei figli mirori AAAAA e BBBBB vengano attuati secondo il calendario predisposto dal Centro per la famiglia di Paperopoli allegato. Si precisa che per il mese di settembre la permanenza con il padre da parte dei minori inizi alle ore 18,00 del venerdì,e per il mese di ottobre lo stesso avrà inizio dal giovedì.

Rinvia la causa all’udienza del XX/11/2017 alle 11,30 per verificare le modalità.

Conferma l’incarico al Centro per la famiglia di attuare il percorso di mediazione.

Piatto

Il gioco è una brutta bestia. Un vizio che purtroppo fa molte vittime.

C’è tanta gente attaccata a quelle maledette macchinette o alla speranza che una grattata possa risolvere i problemi di una vita. Tanti se la infelicitano di più. Non vorrei offendere il culto, ma la gente davanti alle macchinette mi dà la sensazione degli ebrei al muro del pianto che piangono per i loro lutti. Qualcuno ondeggia imprecando invece che pregando.

Io verso il gioco ho un atteggiamento tipo quei fedeli che dicono ci credo, ma non pratico.

Mi piace da matti l’adrenalina che produce giocare, allo stesso tempo mi rendo conto che può diventare una droga tremenda. Evito di giocare, anche perché l’unica certezza del gioco è che, alla fine, perdi sempre. Mi limito a fare una scommessa   alle partite del calcio alla domenica, spesso con un amico, sapendo che quei soldi andranno persi. E’ quasi un rito ormai. Ci incontriamo al caffè, per una mezz’oretta discutiamo i pronostici con la presunzione di essere i più grandi esperti mondiali. C’è un gusto diverso a vedere le partite con un pronostico in mano. Ci sfottiamo in chat se uno dei due ha cannato o meno un risultato. Ogni tanto si vince e si festeggia. La vittoria è una di quelle cose che se divisa con altri, si moltiplica invece che ridursi. Alla fine dell’anno, se va bene, il bilancio è in pareggio.

Da ragazzo durante le feste natalizie ogni tanto giocavo a poker con gli amici. Si facevano le nottate. Anche quello era un divertimento. Tornavo da Milano dove ero per gli studi universitari e rincontravo i miei amici di sempre, studenti in altre città. Passavo una o due nottate con loro. C’erano da raccontare mesi di vita. Le carte erano una scusa.

Dopo un po’ , i bicchierini di troppo riempivano di risate l’ambiente fumoso. C’era un momento che mi piaceva da matti. Il piatto era pieno di fiches, dagli scarti mi rendevo conto che gli altri avevano in mano non più di un tris, qualcuno il tris lo aveva. Lo si capiva dal tenore delle puntate.

Non importava cosa avessi in mano. Spesso evitavo di guardare anche che punto avessi dopo aver cambiato una carta. Il gioco non era più di carte, ma psicologico. Entrava sul campo la strategia.

Aspettavo la puntata di chi aveva aperto il gioco, l’eventuale rilancio e poi…. ‘’Piatto’’.

In quei momenti ti viene la faccia del killer, come se mettessi una rivoltella sul tavolo.

Piatto nel poker significa che punti l’ammontare che è presente sul piatto, somma delle puntate fatte da tutti in precedenza nel corso della mano. Una mano di quel tipo può determinare l’esito di una partita durata ore. Non giocavamo grosse somme, ma per noi studenti anche 10.000 lire erano importanti. E poi, a parte i soldi che rimanevano una cifra irrisoria, c’erano in ballo gli sfottò di una settimana.

Quando rischi tutto non fai i conti con ciò che perdi, se sei un giocatore punti a giocare su cosa possano perdere gli altri. Per questo non guardavo le mie carte. Non aveva importanza cosa avessi in mano. Che fosse un bluff o meno non lo volevo sapere neanche io.

Alla parola ‘’piatto’’ l’atmosfera diventava improvvisamente seria, come ci fosse stato un richiamo all’ordine in una riunione fino a quel momento sbracata.

Il silenzio prendeva il posto del fumo delle sigarette, era denso e visibile.

La posizione sulla sedia dei giocatori diventava eretta. Per gli uomini niente è più serio del gioco, rimaniamo bambini per sempre.

Era tanto bello il momento che non mi importava di vincere o perdere, importava averci provato. Per me rimane il senso di ogni cosa.

In queste settimane per ordine del giudice ho continuato a frequentare il centro per la famiglia incontrando Ex Moglie, Lorenza e Antonella.

La battaglia è stata sul diritto di visita. Il giudice nell’udienza dei primi di giugno aveva stabilito provvisoriamente che vedessi i ragazzi a week end alternati e al venerdì sera.

Il giudice aveva poi demandato al centro per la famiglia di trovare un accordo tra le parti più calzante.

I ragazzi hanno dormito da me per la prima volta dopo quasi due anni. E’ stato bellissimo anche se durato troppo poco.

Gli incontri hanno avuto lo stesso tono di sempre. Le mediatrici che tentavano di far capire ad Ex moglie l’importanza del rapporto dei ragazzi con me. Lei a trincerarsi sul fatto che hanno le loro abitudini, che sono loro a non volersi muovere da casa, che lei non ha nulla in contrario.

Nulla in contrario, ma quando le è stato prospettato di aggiungere altri pernotti a quelli stabiliti dal giudice si è opposta.

Ad un certo punto anche Lorenza è sbottata:

Ex Moglie: Io non ho nulla in contrario, ma i ragazzi hanno la scuola, gli amici, le abitudini, mica possono dall’oggi al domani cambiarle.

Lorenza: (con tono perentorio) Senti Ex Moglie! Non esiste nulla di prioritario rispetto al rapporto col padre! I ragazzi si abituano! Il problema siamo noi genitori, non loro!

Ogni seduta si è conclusa con lei che ripeteva di non voler discuterne più, se la vedranno gli avvocati in tribunale, dice. Aggiunge anche la sua intenzione di far parlare i ragazzi davanti al giudice.

Lorenza: Non mi sembra il caso di far andare i ragazzi in tribunale. Voi siete due genitori accuditivi. I ragazzi in tribunale ci vanno quando ci sono problemi più gravi, tipo maltrattamenti o robe del genere. Dovete solo trovare un accordo voi, per il loro bene. Vedrai che loro si adegueranno e saranno contenti che qualcuno tolga le castagne dal fuoco al loro posto.

Ex Moglie: Basta! io non parlo più. Parlerà in tribunale il mio avvocato per me. Quest’uomo non si può ricordare quando vuole lui dei figli. Non sono un pacco postale.

Paperino: Ascolta, cerca di trovare pace con te stessa però. Quando ti si chiede di concedere un giorno in più, dici che non ce n’è bisogno perché già li vedo ogni giorno.

Poi dici che sono un padre assente. Non ti sembra che cozzino le due cose?

 

E’ stato un assedio, non solo mio, del buon senso anche. Basta un po’ di buon senso e lei si sente assediata.

Martedì c’e stata l’ultima seduta prima dell’udienza. Le mediatrici ci avevano consegnato alla volta precedente una loro proposta di diritto di visita con l’auspicio che l’avessimo discussa tra di noi o che potessimo proporre qualcosa di nostro con quella base.

La loro proposta prevedeva un weekend alternato, partendo dal venerdì però, non dal sabato mattina. Prevedeva un pernotto dal padre anche nella settimana successiva. In aggiunta paio di cene infrasettimanali.

Ci ho pensato molto nei giorni precedenti, su cosa proporre. Parlarne con lei sarebbe significato solo innervosirmi e litigare. Non era il caso.

Ho pensato molto ai ragazzi. A cosa è meglio per loro. La mia battaglia fin qui l’ho fatta perché vorrei che avessero anche un’altra visione della vita per costruirsene una loro. Perché ho avuto un gran riferimento in mio padre, oggi sono profondamente diverso da lui. Mi è servito sapere lui com’è e come la pensa. Anche per usarlo come paletto e deviare.

Un padre è importante ed è un loro diritto averlo.

Mi sono ricordato delle partite di poker. E’ giunto il momento di dire ‘’ piatto’’. Non ho pensato ai miei impegni, all’organizzazione, ai disagi. Ho pensato all’obiettivo che mi sono dato. Il resto si sistemerà, mi sono detto. E poi, in una trattativa bisogna puntare alto per spuntare il meglio. Ed in questo, venti anni di mestiere mi hanno dato una certa esperienza.

Le nuove linee guida in termini di separazioni prevedono che la casa rimanga al proprietario e che i genitori si alternino in casa 15 giorni a testa per stare con i figli. Utopia protocollata, ma il senso è quello di adeguarsi alle direttive europee. Direttive umane, ovvero che i figli, in caso di separazione, stiano al 50% del tempo con entrambi i genitori.

Quando penso alla legislazione civile ed europea in genere, mi viene in mente che per noi Italiani è come comprare una Ferrari ma non avere la patente di guida.

Abbiamo linee guida eccellenti ma non sappiamo guidare.

Nessuno sa costruire motori e macchine come noi, ma le comprano gli arabi perché non possiamo permettercele ed in pista le guidano i tedeschi, gli inglesi, i francesi.

Alla riunione.

Antonella: Bene, avete avuto modo di valutare la nostra proposta?

Noi ci auspicavamo che magari lo avreste fatto davanti ad un caffè.

 

Dopo qualche secondo di silenzio…

Antonella: No eh? Va bene, ma vi siete fatti una idea, avete delle osservazioni? Chi vuole cominciare?

Se devi dire piatto, lo devi fare prima degli altri. La sorpresa è un vantaggio.

Paperino: Io ho letto attentamente le linee guida che ci avete dato e mi sono fatto la convinzione che potremmo stare una settimana a testa con i ragazzi. Siccome lei dice che per loro il problema sono le abitudini, il fatto di avere gli amici vicini, il fatto che in campagna da me sarebbero un po’ isolati… potremmo alternarci noi in casa. Una settimana a testa.

La mia parole sono state una bomba.

Lorenza ed Antonella avevano un ghigno stampato in faccia. Non so se si aspettassero che sparassi così grosso.

Ex moglie è diventata di mille colori, credo di averle visto anche delle sfumature dell’indaco in volto. Ha cominciato ad agitarsi e ad avere inizi di escandescenze.

Ex Moglie: Basta! E’ solo un provocatore! Io parlerò in tribunale! Anzi, parleranno il mio avvocato e i ragazzi. Stavolta basta! Parleranno loro!

Le mediatrici hanno percepito immediatamente il mio intento, credo. Sanno bene che le carte parlano a mio favore. La legge e le tendenze sono con me, almeno quelle scritte. Stavo solo chiedendo la loro applicazione. Mi piace pensare anche che era quello che si aspettassero da me.  D’altra parte non ero io a bluffare, il diritto è un bluff.

In cuor mio non stavo nemmeno bluffando, perché l’obiettivo per me è primario. Stavo mettendo tutto me stesso in gioco, fregandomene di tutto. Se dovesse essere deciso così, sarei disposto anche a stravolgere la mia vita per adeguarla alla nuova situazione.

Settimana prossima ci sarà l’altra udienza. Il giudice ha convocato anche Lorenza proprio per definire una volta per tutte il diritto di visita e per avere un riscontro sulla situazione genitoriale.

In mediazione ci siamo lasciati con l’ennesimo nulla di fatto.

Non so come andrà finire. Io ci ho provato e sono felice. Nel modo che preferisco:

…’’piatto’’…..