Piatto

Il gioco è una brutta bestia. Un vizio che purtroppo fa molte vittime.

C’è tanta gente attaccata a quelle maledette macchinette o alla speranza che una grattata possa risolvere i problemi di una vita. Tanti se la infelicitano di più. Non vorrei offendere il culto, ma la gente davanti alle macchinette mi dà la sensazione degli ebrei al muro del pianto che piangono per i loro lutti. Qualcuno ondeggia imprecando invece che pregando.

Io verso il gioco ho un atteggiamento tipo quei fedeli che dicono ci credo, ma non pratico.

Mi piace da matti l’adrenalina che produce giocare, allo stesso tempo mi rendo conto che può diventare una droga tremenda. Evito di giocare, anche perché l’unica certezza del gioco è che, alla fine, perdi sempre. Mi limito a fare una scommessa   alle partite del calcio alla domenica, spesso con un amico, sapendo che quei soldi andranno persi. E’ quasi un rito ormai. Ci incontriamo al caffè, per una mezz’oretta discutiamo i pronostici con la presunzione di essere i più grandi esperti mondiali. C’è un gusto diverso a vedere le partite con un pronostico in mano. Ci sfottiamo in chat se uno dei due ha cannato o meno un risultato. Ogni tanto si vince e si festeggia. La vittoria è una di quelle cose che se divisa con altri, si moltiplica invece che ridursi. Alla fine dell’anno, se va bene, il bilancio è in pareggio.

Da ragazzo durante le feste natalizie ogni tanto giocavo a poker con gli amici. Si facevano le nottate. Anche quello era un divertimento. Tornavo da Milano dove ero per gli studi universitari e rincontravo i miei amici di sempre, studenti in altre città. Passavo una o due nottate con loro. C’erano da raccontare mesi di vita. Le carte erano una scusa.

Dopo un po’ , i bicchierini di troppo riempivano di risate l’ambiente fumoso. C’era un momento che mi piaceva da matti. Il piatto era pieno di fiches, dagli scarti mi rendevo conto che gli altri avevano in mano non più di un tris, qualcuno il tris lo aveva. Lo si capiva dal tenore delle puntate.

Non importava cosa avessi in mano. Spesso evitavo di guardare anche che punto avessi dopo aver cambiato una carta. Il gioco non era più di carte, ma psicologico. Entrava sul campo la strategia.

Aspettavo la puntata di chi aveva aperto il gioco, l’eventuale rilancio e poi…. ‘’Piatto’’.

In quei momenti ti viene la faccia del killer, come se mettessi una rivoltella sul tavolo.

Piatto nel poker significa che punti l’ammontare che è presente sul piatto, somma delle puntate fatte da tutti in precedenza nel corso della mano. Una mano di quel tipo può determinare l’esito di una partita durata ore. Non giocavamo grosse somme, ma per noi studenti anche 10.000 lire erano importanti. E poi, a parte i soldi che rimanevano una cifra irrisoria, c’erano in ballo gli sfottò di una settimana.

Quando rischi tutto non fai i conti con ciò che perdi, se sei un giocatore punti a giocare su cosa possano perdere gli altri. Per questo non guardavo le mie carte. Non aveva importanza cosa avessi in mano. Che fosse un bluff o meno non lo volevo sapere neanche io.

Alla parola ‘’piatto’’ l’atmosfera diventava improvvisamente seria, come ci fosse stato un richiamo all’ordine in una riunione fino a quel momento sbracata.

Il silenzio prendeva il posto del fumo delle sigarette, era denso e visibile.

La posizione sulla sedia dei giocatori diventava eretta. Per gli uomini niente è più serio del gioco, rimaniamo bambini per sempre.

Era tanto bello il momento che non mi importava di vincere o perdere, importava averci provato. Per me rimane il senso di ogni cosa.

In queste settimane per ordine del giudice ho continuato a frequentare il centro per la famiglia incontrando Ex Moglie, Lorenza e Antonella.

La battaglia è stata sul diritto di visita. Il giudice nell’udienza dei primi di giugno aveva stabilito provvisoriamente che vedessi i ragazzi a week end alternati e al venerdì sera.

Il giudice aveva poi demandato al centro per la famiglia di trovare un accordo tra le parti più calzante.

I ragazzi hanno dormito da me per la prima volta dopo quasi due anni. E’ stato bellissimo anche se durato troppo poco.

Gli incontri hanno avuto lo stesso tono di sempre. Le mediatrici che tentavano di far capire ad Ex moglie l’importanza del rapporto dei ragazzi con me. Lei a trincerarsi sul fatto che hanno le loro abitudini, che sono loro a non volersi muovere da casa, che lei non ha nulla in contrario.

Nulla in contrario, ma quando le è stato prospettato di aggiungere altri pernotti a quelli stabiliti dal giudice si è opposta.

Ad un certo punto anche Lorenza è sbottata:

Ex Moglie: Io non ho nulla in contrario, ma i ragazzi hanno la scuola, gli amici, le abitudini, mica possono dall’oggi al domani cambiarle.

Lorenza: (con tono perentorio) Senti Ex Moglie! Non esiste nulla di prioritario rispetto al rapporto col padre! I ragazzi si abituano! Il problema siamo noi genitori, non loro!

Ogni seduta si è conclusa con lei che ripeteva di non voler discuterne più, se la vedranno gli avvocati in tribunale, dice. Aggiunge anche la sua intenzione di far parlare i ragazzi davanti al giudice.

Lorenza: Non mi sembra il caso di far andare i ragazzi in tribunale. Voi siete due genitori accuditivi. I ragazzi in tribunale ci vanno quando ci sono problemi più gravi, tipo maltrattamenti o robe del genere. Dovete solo trovare un accordo voi, per il loro bene. Vedrai che loro si adegueranno e saranno contenti che qualcuno tolga le castagne dal fuoco al loro posto.

Ex Moglie: Basta! io non parlo più. Parlerà in tribunale il mio avvocato per me. Quest’uomo non si può ricordare quando vuole lui dei figli. Non sono un pacco postale.

Paperino: Ascolta, cerca di trovare pace con te stessa però. Quando ti si chiede di concedere un giorno in più, dici che non ce n’è bisogno perché già li vedo ogni giorno.

Poi dici che sono un padre assente. Non ti sembra che cozzino le due cose?

 

E’ stato un assedio, non solo mio, del buon senso anche. Basta un po’ di buon senso e lei si sente assediata.

Martedì c’e stata l’ultima seduta prima dell’udienza. Le mediatrici ci avevano consegnato alla volta precedente una loro proposta di diritto di visita con l’auspicio che l’avessimo discussa tra di noi o che potessimo proporre qualcosa di nostro con quella base.

La loro proposta prevedeva un weekend alternato, partendo dal venerdì però, non dal sabato mattina. Prevedeva un pernotto dal padre anche nella settimana successiva. In aggiunta paio di cene infrasettimanali.

Ci ho pensato molto nei giorni precedenti, su cosa proporre. Parlarne con lei sarebbe significato solo innervosirmi e litigare. Non era il caso.

Ho pensato molto ai ragazzi. A cosa è meglio per loro. La mia battaglia fin qui l’ho fatta perché vorrei che avessero anche un’altra visione della vita per costruirsene una loro. Perché ho avuto un gran riferimento in mio padre, oggi sono profondamente diverso da lui. Mi è servito sapere lui com’è e come la pensa. Anche per usarlo come paletto e deviare.

Un padre è importante ed è un loro diritto averlo.

Mi sono ricordato delle partite di poker. E’ giunto il momento di dire ‘’ piatto’’. Non ho pensato ai miei impegni, all’organizzazione, ai disagi. Ho pensato all’obiettivo che mi sono dato. Il resto si sistemerà, mi sono detto. E poi, in una trattativa bisogna puntare alto per spuntare il meglio. Ed in questo, venti anni di mestiere mi hanno dato una certa esperienza.

Le nuove linee guida in termini di separazioni prevedono che la casa rimanga al proprietario e che i genitori si alternino in casa 15 giorni a testa per stare con i figli. Utopia protocollata, ma il senso è quello di adeguarsi alle direttive europee. Direttive umane, ovvero che i figli, in caso di separazione, stiano al 50% del tempo con entrambi i genitori.

Quando penso alla legislazione civile ed europea in genere, mi viene in mente che per noi Italiani è come comprare una Ferrari ma non avere la patente di guida.

Abbiamo linee guida eccellenti ma non sappiamo guidare.

Nessuno sa costruire motori e macchine come noi, ma le comprano gli arabi perché non possiamo permettercele ed in pista le guidano i tedeschi, gli inglesi, i francesi.

Alla riunione.

Antonella: Bene, avete avuto modo di valutare la nostra proposta?

Noi ci auspicavamo che magari lo avreste fatto davanti ad un caffè.

 

Dopo qualche secondo di silenzio…

Antonella: No eh? Va bene, ma vi siete fatti una idea, avete delle osservazioni? Chi vuole cominciare?

Se devi dire piatto, lo devi fare prima degli altri. La sorpresa è un vantaggio.

Paperino: Io ho letto attentamente le linee guida che ci avete dato e mi sono fatto la convinzione che potremmo stare una settimana a testa con i ragazzi. Siccome lei dice che per loro il problema sono le abitudini, il fatto di avere gli amici vicini, il fatto che in campagna da me sarebbero un po’ isolati… potremmo alternarci noi in casa. Una settimana a testa.

La mia parole sono state una bomba.

Lorenza ed Antonella avevano un ghigno stampato in faccia. Non so se si aspettassero che sparassi così grosso.

Ex moglie è diventata di mille colori, credo di averle visto anche delle sfumature dell’indaco in volto. Ha cominciato ad agitarsi e ad avere inizi di escandescenze.

Ex Moglie: Basta! E’ solo un provocatore! Io parlerò in tribunale! Anzi, parleranno il mio avvocato e i ragazzi. Stavolta basta! Parleranno loro!

Le mediatrici hanno percepito immediatamente il mio intento, credo. Sanno bene che le carte parlano a mio favore. La legge e le tendenze sono con me, almeno quelle scritte. Stavo solo chiedendo la loro applicazione. Mi piace pensare anche che era quello che si aspettassero da me.  D’altra parte non ero io a bluffare, il diritto è un bluff.

In cuor mio non stavo nemmeno bluffando, perché l’obiettivo per me è primario. Stavo mettendo tutto me stesso in gioco, fregandomene di tutto. Se dovesse essere deciso così, sarei disposto anche a stravolgere la mia vita per adeguarla alla nuova situazione.

Settimana prossima ci sarà l’altra udienza. Il giudice ha convocato anche Lorenza proprio per definire una volta per tutte il diritto di visita e per avere un riscontro sulla situazione genitoriale.

In mediazione ci siamo lasciati con l’ennesimo nulla di fatto.

Non so come andrà finire. Io ci ho provato e sono felice. Nel modo che preferisco:

…’’piatto’’…..

18 pensieri riguardo “Piatto

  1. a me pare una stronzata.
    Le linee guida intendo.
    Praticamente bisogna che ogni genitore abbia due case e ci si sposti. Che andrà anche bene per i figli, ma chi se lo può permettere? Oltre alla fatica di essere genitori (che è una grande gioia, ma anche una gran fatica, diciamolo) anche la fatica di essere perennemente in trasloco.
    Una garanzia di malattia mentale.
    Considerata ExMoglie… nel giro di 15 giorni dalle tue parti ci sarà un TSO 😀

    Sei stato coraggioso e creativo, bravo bravo! Ora vediamo come te la risolovono questa esplosione 🙂

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  2. Ci sono persone che si separano non per ritrovare una felicità perduta, ma per vedere infelice la controparte.
    Porelle, si soddisfano così. Non gli interessa vincere, ma provano piacere nel vedere perdere. Allora … ALL IN.
    “Stiro” può solo guardare, tanto i soldi in gioco, non sono suoi.

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      1. Caro Paperino, so solo che mi dispiace di quanto racconti, senza averti mai conosciuto. Se ti consola, c’ è di peggio.
        Mi auguro di leggere cose belle nel prossimo post.
        A presto.

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  3. Geniale. Comunque ho una coppia di amici con separazione amichevole che si sono organizzati così. Hanno preso un piccolo appartamento nella stessa zona della casa “coniugale” e dividono entrambe le case a periodi alterni: quella coi figli e “l’alcova”. Per ora da un annetto abbondante e non è impazzito nessuno, sulla lunga e con nuovi equilibri (per esempio nuovi compagni) non so dirti. Però bravo, davvero. Valeria

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  4. Io non amo il gioco, il denaro costa fatica e sudore, quello vinto, scappa dalle mani. Nella vita vera però bisogna osare per coloro che amiamo, bisogna mettersi in gioco, allora bisogna giocare…e andare fino in fondo 😉

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  5. Bello tutto il discorso iniziale sul gioco e quel paragone sugli ebrei al muro del pianto che imprecano anziché pregano. io sono atea si vede anche nel gioco. anche se, devo dire, che una volta sono stata al Casinò, e lì è trovato tutta l’adrenalina capibile e comprensibile, di cui parlavi su. Non so se sei mai stato al Casinò, ma almeno una volta nella vita, facci una capatina; poi l’adrenalina ti fa dire “PIATTO ALTROCHé”! E STOPPI.
    Ci sono delle donne-madri- troooppo ‘gnoranti… mammamia!
    Tu sii sempre te stesso, e fai ciò che “ragioni”.
    DOMANDA : Nelle poche volte che li vedi i tuoi figli, lo vedi il cambiamento? che ora si sentono meglio con te? Più a loro agio? Più nelle “loro corde di battute”??

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    1. Si che ci sono andato al casinó. Mi piaceva vedere la fauna che la frequenta. La prima volta con mio padre, in vacanza. Lasció il portafoglio in albergo e si portó dei soldi per giocare. Mi disse di fare così sempre se mi fosse capitato di ritornarci . E così ho fatto . 🙂
      Lo vedo il cambiamento, lento ma viene. Se penso ad un anno fa che mi incontravano e cambiavano strada…. ne ho fatta di strada. Il rapporto lo abbiamo riaperto . Adesso devo riprendermi un po’ di autorevolezza per poter dire no, ogni tanto . Mi sembra che stiano bene con me. Anche se lei in mediazione dice che le dicono il contrario. Ma non la considero e vado avanti per la mia strada. Lunedì sarò in tribunale. Il giudice stabilirà definitivamente il diritto di visita. Mentre ti scrivo sono in salotto, davanti alla tv. Ho nonno AAAAA in poltrona e BBBBB sul divano . Il fratello è a mare, lui è rimasto con me. Siamo andati a fare shopping e mi ha spennato…:-) stasera dormono da me per la seconda volta. Non mi pare vero … ✌️✌️✌️

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  6. AHHH mi stai sempre più simpatiHo!! Sei un cciusto!! Complimenti per tutto il resto, le piccole e lente conquiste, fanno un’adrenalina graaande Hosì!!! un forte abbraccio e qui tutti incrociano le dita per voi 4 : Tu, nonno A, e figli 😉

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